C’è sempre qualcosa che ci colpisce più, in ogni edizione di Fieracavalli.
Questa volta è stata l’eleganza: quella severa e senza tempo del corteo di cavalli, asimi e muli che hanno raccontato la Sicilia, al passo lento di chi arriva da un tempo lontano.
Davvero il modo migliore per rappresentare la sua ricchezza e la sua storia: i camperi montati sui loro alti cavalli – Sanfratellani o Siciliani e Orientali – dietro di loro le donne montate sugli asini per il ritorno dai campi, e un intero paese che sembra uscito da un quadro, o da un ricordo

E per ultima, forse perché più preziosa, la Mulara: una lunga fila di muli da soma, guidata da Rosina, figlia di Un asino Ragusano e di una cavalla Siciliana, che passando guardava dritto negli occhi della gente, senza paura nè aspettative.
Bellissimi i loro finimenti: le bisacce sulle bardelle sono dipinte con scene votive, a colori vivaci. E la musica, armoniosa e gentile, dei loro campani, i muligni: una carezza che li precede e li accompagna, e lasciano a chi è dove passano.
Sono di ottone, è per questo che il loro suono è così particolare
E infine una cosa piccola, ma quasi magica: il mulattiere che intercetta un applauso e saluta chi lo ha fatto togliendosi con garbo la coppola di velluto, e all’improvviso sembra di essere lontani, nel tempo, in qualcosa che è ancora vero.
























